La #ripartizione delle #spese di #riscaldamento in condominio quando l′impianto è centralizzato, è, da sempre, una questione generatrice di numerose liti tra condomini.
Nel tempo la materia è stata affrontata e risolta secondo diversi criteri che hanno risentito dell′evoluzione legislativa della materia.
Nel recente passato dirimente nella risoluzione della problematica in questione è stata la sentenza n. 28282 del 04/11/2019 della Corte di Cassazione, la quale, a definizione di un contenzioso scaturito da una impugnativa proposta avanti al Tribunale di Milano di un deliberato assembleare con il quale era stato deciso di ripartire le spese per il riscaldamento al 50% in base ai millesimi di proprietà ed il 50% in base ai consumi di ogni singolo condomino, ha invece stabilito che : " le spese del riscaldamento centralizzato di un edificio in condominio, ove sia stato adottato un sistema di contabilizzazione del calore, devono essere ripartite in base al consumo effettivamente registrato, risultando perciò illegittima una suddivisione di tali oneri operata, sebbene in parte, alla stregua dei valori millesimali delle singole unità immobiliari, non potendo, a tal fine, rilevare neppure i diversi criteri di riparto dettati da una delibera di giunta regionale, che pur richiami specifiche tecniche a base volontaria, in quanto atto amministrativo comunque inidoneo ad incidere sul rapporto civilistico tra condomini e condominio."
Corollario a tale problematica deve ritenersi inoltre quella che si è affrontata e si è tentato di risolvere con la legge di riforma della materia condominiale L.220 del 2012, con l′inserimento del comma 4° dell′art. 1118 C.C., secondo il quale si è riconosciuto il diritto del singolo condomino .." a rinunciare all′utilizzo dell′impianto di riscaldamento centralizzato o di condizionamento, se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini." Inoltre si è stabilito che "il rinunziante resta tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell′impianto e per la sua conservazione e messa a norma."
Il che significa che il condomino che intenda non usufruire del riscaldamento centralizzato è tenuto a produrre nell′assemblea condominiale una perizia che dimostri che il suo distacco da detto impianto non provochi delle disfunzioni economiche e/o funzionali a carico degli altri condomini.
Nell′applicazione di tale modifica legislativa la Cassazione è arrivata a sostenere con sentenza n. 28051 del 02.11.2018 che il condomino distaccatosi dall′impianto di riscaldamento è tenuto comunque a pagare le spese di esercizio del riscaldamento medesimo centralizzato, con riferimento ai consumi involontari (cd. quota fissa del consumo di gas e/o di inefficienza dellimpanto), se ciò è deciso unanimemente in assemblea in attuazione di una norma del regolamento di condominio di natura contrattuale che impone a ciascun condomino l′onere di partecipare in ogni caso alle spese per la gestione dei servizi comuni.
A seguito dell′approvazione della Direttiva Europea n. 2012/27/UE, recepita in Italia dal D.Legis. 102/2014, il Legislatore ha stabilito che in ogni singola unità abitativa deve essere applicato ad ogni termosifone una valvola per regolare il calore nell′appartamento ed un contacalorie che permette di misurarne i relativi consumi e ciò al fine del perseguimento di un più generale e sovraordinato ed inderogabile principio di ottimizzazione e contenimento dei consumi energetici. In Italia l′applicazione dei contabilizzatori di calore è diventata obbligatoria per tutte le abitazione a partire dall′anno 2017 e con il D.Legisl.73 del 14/07/2020 art. 9 il Legislatore ha dato l′indicazione generale ed inderogabile che "quando i condomini o gli edifici polifunzionali sono alimentati da teleriscaldamento o teleraffreddamento o da sistemi comuni di riscaldamento o raffreddamento, per la corretta suddivisione delle spese connesse al consumo di calore per il riscaldamento, il raffreddamento delle unità immobiliari e delle aree comuni, nonché per l′uso di acqua calda per il fabbisogno domestico, se prodotta in modo centralizzato, l′importo complessivo è suddiviso tra gli utenti finali attribuendo una quota di almeno il 50 per cento agli effettivi prelievi volontari di energia termica.", lasciando poi spazio alla libera determinazione delle singole realtà condominiali di stabilire eventualmente diverse ripartizioni delle quote a consumo delle quote fisse nel rispetto tuttavia del parametro minimo legale del 50% imputabile necessariamente alla quota consumo. Tali ripartizioni convenzionali debbono essere assunte con delibere assembleari da adottarsi auspicabilmente al momento della applicazione in condominio dei contabilizzatori di calore e possono essere modificate successivamente solo con delibera assunta all′unanimità.
Superato il criterio di ripartizione al 100% in base ai consumi di gas effettivamente consumati dai singoli condomini, secondo la normativa oggi vigente ciascun singolo condomino è quindi tenuto a pagare il calore consumato dalla propria abitazione, che deve essere calcolato dall′amministratore condominiale, ripartendo il consumo totale energetico condominiale in una quota variabile dal 50% al 20% di consumi involontari (cosiddetta quota fissa determinata dalla resa energetica dell′impianto condominiale), da ripartirsi a sua volta tra i singoli condomini in base a diversi criteri di ripartizione : millesimi di proprietà, o metri quadrati delle singole unità, o metri cubi utili o in base alla potenza dell′impianto, mentre la restante quota variabile tra il 50% e l′80% dei consumi totali condominiali, cosiddetta quota di consumi volontari e/o quota a consumo, da ripartirsi tra i singoli condomini in base ai consumi effettivi delle singole unità immobiliari da ricavarsi con i sistemi di contabilizzazione adottati nelle singole realtà condominiali. Per ogni più approfondita analisi della questione e/o per la risoluzione di eventuali problematiche condominiali è possibile contattare lo studio. Avv. Maria Paola Bergamaschi